ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Bolsena e Orvieto,
una sola storia
di Andrea Bentivegna
23/07/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna

Amministrativamente parlando si tratta di due paesi ben distinti. Anzi, burocraticamente, almeno per il momento - in attesa di un accorpamento da troppo tempo promesso - appartengono persino a due regioni differenti, eppure la storia racconta quanto la cittadina umbra di Orvieto e la viterbese Bolsena abbiano in realtà tanto in comune.

Si tratta di due borghi che potremmo definire imparentati. In epoca etrusca infatti esisteva solo Velzna, un importante centro, una delle città-stato che formavano l’antica dodecapoli etrusca.

All’epoca era molto conosciuta anche perché sede di un grande santuario e si ergeva in cima ad uno sperone di tufo che dominava strategicamente la valle del Tevere. Fu probabilmente questo a convincere i Romani, nel III secolo avanti Cristo, a espugnarla. Una volta conquistata, poi, decisero addirittura di raderla al suolo. Non è dato sapere cosa spinse i conquistatori ad accanirsi così contro questa città ma sappiamo per certo che i pochi abitanti che si salvarono dalla devastazione furono letteralmente deportati.

Gli sconfitti furono a quel punto confinati sulle rive di un grande lago di origine vulcanica dove fu fondata la nuova Velzna, che in latino prese il nome di Volsinii Novi. Era l’anno 264 a.C. e nasceva così un nuovo borgo che diversi secoli più tardi sarebbe stato ribattezzato Bolsena e avrebbe anche dato il nome al lago sul quale era affacciato.

Della prima Velzna nulla rimase in vita finché, secoli dopo, un manipolo di discendenti dei suoi antichi abitanti non decise di compiere a ritroso il cammino che li aveva costretti a Bolsena fino a giungere proprio a quello sperone di tufo un tempo abitato dai loro antenati. Lì fondarono un borgo al quale diedero nome Urbs Vetus, vecchio città appunto, che col passare del tempo e il modificarsi della lingua assunse il nome odierno di Orvieto.

Il legame tra queste due cittadine però non si esaurì così. Molto tempo più tardi -siamo già in epoca medioevale- un prete boemo, tale Pietro da Praga, percorrendo la via Francigena diretto a Roma si fermò a Bolsena e qui celebrò una messa. Durante la liturgia, al momento della consacrazione dell’ostia la spezzò e da essa fuoriuscì del sangue che si rivelò sull’altare e sul corporale che indossava. Era forse quella la prova miracolosa del miracolo eucaristico? Per Papa Urbano IV non vi era dubbi e cosi da quell’anno, il 1263, a memoria di quel prodigioso evento fu istituita la festività de Corpus Domini.

Forse oggi è difficile percepire la portata di questo evento e il trasporto emotivo che suscitò per i cristiani di tutto il mondo ma basterà pensare che l’episodio divenne uno dei momenti più solenni per il cattolicesimo al punto che persino Raffaello nel cinquecento lo immortalò, con un leggendario affresco, sulle pareti delle stanze Vaticane.

Negli anni che seguirono il miracolo comunque le folle di fedeli che si recavano a Bolsena in pellegrinaggio crebbero al punto che il Papa decise di costruire un nuovo grande Duomo che potesse più degnamente custodire la reliquia del corporale. Al tempo tuttavia Bolsena ricadeva nella diocesi di Orvieto e fu dunque proprio là, nell’antica Velzna, che si edificò la nuova cattedrale.

Nel 1290 iniziarono dunque i grandiosi lavori sotto la direzione di Arnolfo di Cambio ma si dovrà attendere il secolo successivo e l’intervento del genio senese di Lorenzo Maitani per vedere concluso uno dei più grandi capolavori del gotico italiano.

Ancora una volta i destini di Bolsena ed Orvieto erano tornati dunque ad intrecciarsi in una storia che da sempre le ha accomunate in un unico destino.





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